venerdì 27 giugno 2008

27 giugno 1980: una strage che attende ancora giustizia


Alle ore 21 del 27 giugno 1980 i radar di Fiumicino perdono il contatto col DC-9 Itavia 870, un aereo in volo tra Bologna e Palermo, con a bordo 81 persone. Alle prime luci dell’alba del giorno seguente vengono identificati i resti del veivolo nelle vicinanze di Ustica: i passeggeri sono tutti morti.

Passati i primi giorni in cui viene ipotizzato che la causa della tragedia sia stato un cedimento strutturale, le indagini si concentrano sulla possibilità che l’aereo sia precipitato per l’esplosione di una bomba a bordo (quindi vittima di un attentato) o perché colpito da un missile (quindi vittima di un’azione militare). In effetti al tempo la situazione nazionale vedeva la sanguinosa contrapposizione degli estremismi politici, quella internazionale vedeva soprattutto il contrasto tra la Libia e gli Stati Uniti.
La trama si infittisce una ventina di giorni dopo, quando viene ritrovato un caccia libico tra i monti della Sila, abbattuto la notte del 27 giugno.
Depistaggi e sparizione dei tabulati radar, ostacolano le indagini e impediscono l’individuazione di un colpevole.
Le vittime della tragedia di quel 27 giugno non hanno ancora ricevuto giustizia.
La sentenza-ordinanza depositata il 31 agosto 1999 conclude così:
"L'incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un'azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti."

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