sabato 12 settembre 2009

12 settembre 1919: l'impresa fiumana

Con l'armistizio di Villa Giusti a Padova, firmato il 3 novembre 1918, cessava ufficialmente per l'Italia la prima guerra mondiale, un conflitto che lasciava sul campo i corpi di 650 mila soldati e la devastazione i molte zone del nordest d'Italia.
Quattro anni prima il nostro Paese era sceso in campo al fianco della Tripplice Intesa in seguito alla firma del Patto di Londra, trattato (mantenuto segreto) che avrebbe portato in caso di vittoria al completamento dell'unità d'Italia attraverso l'annessione del Trentino, della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia (oltre ad altri territori); tuttavia non era stata compresa nel trattato la città di Fiume.
Purtroppo al tavolo della pace iniziò a manifestarsi, l'arroganza e la superbia di una nazione che ancora oggi i popoli della terra subiscono: gli Stati Uniti d'America. Il presidente americano Wilson s'intromise nelle trattative sbandierando il "principio dell'autodeterminazione dei popoli"; peccato che nella pratica venne fatto tutto il contrario di quanto detto a parole (d'altronde, perché gli americani non misero in atto tale principio anche con le popolazioni indiane?): molti territori a prevalenza italiana furono annessi al neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e venne addirittura ignorato il plebiscito con il quale la popolazione della città di Fiume chiedeva a squarciagola di unirsi ai fratelli italiani nel Regno d'Italia.
Con l'incapacità del governo italiano di risolvere il problema dei confini orientali, iniziò ad agitarsi in tutto il Paese un forte senso di disagio, e crebbe la convinzione che gli oltre seicentomila morti della guerra erano stati mandati inutilmente al macello, e tre anni di sofferenze erano servite solo a distruggere l'Impero asburgico ai confini d'Italia per costruirne uno nuovo e ancora più ostile ad essa.
A smuovere la situazione ci pensò allora Gabriele D'Annunzio, il poeta-soldato, l'eroe artefice di ardite azioni quali il "volo su Vienna" e la "beffa di Buccari".
A capo di un manipolo di uomini, tra cui i Legionari Fiumani, gli Arditi del Generale Zoppi, e i Granatieri di Sardegna, partì da Ronchi di Monfalcone (successivamente ribattezzata Ronchi dei Legionari, e marciò in direzione di Fiume.
Il 12 settembre 1919, giunto alle porte della città, incontrò l'esercito che, sotto il comando dal Generale Pittaluga, era stato posto a Fiume per tenere sotto controllo la città al fine di evitare disordini.
Pittaluga avrebbe dovuto obbedire agli ordini del suo superiore Badoglio e fermare con le armi questo esercito comandato dal Vate; ma al gesto teatrale di D'Annunzio, che aprì il pastrano mostrando la medaglia d'oro (avuta in seguito al volo su Vienna) e proclamando "Lei non ha che a far tirare su di me, il Generale rispose abbracciando il poeta ed entrando con lui in Fiume.
L'esercito liberatore venne così accolto con giubilo dai cittadini fiumani in una città tappezzata di tricolori.

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