sabato 19 luglio 2008

Per una nuova Battaglia del Grano

Qualche settimana fa sono entrato in un panificio: ambiente dall'aspetto antico, superficie di pochi metri quadri, soffitto basso, bilancia tradizionale. Il tutto mi trasmetteva le sensazioni di tradizione e genuinità.
Stavo osservando i documenti esposti sulle pareti, quando ho scorso uno dei tipici manifesti che ottanta anni fa invitavano la popolazione al rispetto di un elemento fondamentale nell'alimentazione: il pane.
Ho chiesto al panettiere: "È originale?".
Lui mi ha risposto affermativamente, invitandomi ad osservare che il suo manifesto recava ancora il sigillo in argento applicato quando venne consegnato ai fornai.
Questa narrazione è servita da premessa per introdurre alcune considerazioni su quanto esposto ieri dalla Coldiretti: secondo uno studio sugli effetti dell'emergenza cibo, le scorte di grano derivate dal raccolto nazionale sono sufficienti soltanto per sette mesi. Ma come? Che l'Italia non fosse autosufficiente in questo settore, questo lo sapevo. Ma ignoravo che il problema assumesse questo livello: facendo quattro calcoli (ipotizzando che il consumo di questo cereale sia costante nei vari periodi dell'anno) si deduce che la produzione interna soddisfa solo il 60% del bisogno nazionale, quindi il restante 40% lo importiamo dall'estero!
Mi viene in mente che una situazione analoga l'Italia la viveva un'ottantina di anni fa: nel 1925 il consumo nazionale si attestava su 7,5 milioni di tonellate, coperto solo per il 66% dalla produzione interna. Con la celebre "Battaglia del Grano" si raggiunse nel 1931 il traguardo di 8,1 milioni di tonellate di raccolto.
Ciò fu possibile attraverso una migliore selezione delle sementi, l'incremento delle aree coltivabili (grazie soprattutto alle bonifiche), il rafforzamento della rete di irrigazione, l'introduzione dei concimi e delle macchine agricole, e una campagna di sensibilizzazione della popolazione (come il manifesto menzionato all'inizio o come quello riportato in questa pagina).
Dai dati esposti dalla Coldiretti si osserva che il raccolto nazionale si è attestato su 8 milioni di tonellate (meno che nel 1931!): ciò significa che sarà neccessario importare dall'estero circa 5,3 milioni di tonellate di grano.
A parte le conseguenze relativo al bilancio commerciale (5,3 milioni di tonellate moltiplicati per 0,27 euro che è il costo odierno di un chilo di grano fanno 1,43 miliardi di euro!), vi è il problema che molti paesi, come ad esempio l'Argentina, hanno deciso di limitare l'esportazione di cereali; a ciò si affiancano le scarse produzioni dovute ad eventi naturali, come la siccità in Australia, il maltempo negli Stati Uniti ed il terremoto in Cina.
Rispetto allo scorso anno la produzione italiana di grano ha subito un aumento di circa il 16% (grazie anche alla riforma della Politica Agricola Europea), ma ciò è ancora insufficiente. Troppi sono i terreni lasciati incolti, troppi sono gli anni in cui il settore agrario è stato ignorato dalla classe politica.
Occorrono riforme sensate per risanare un settore essenziale alla Nazione.

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