
"Entro il 2010 le etichette dei nostri prodotti tipici avranno la doppia dicitura: in italiano e in dialetto. Abbiamo un paniere ricchissimo di prodotti tipici e certificati, che rappresentano il lavoro delle nostre comunità locali, dei nostri comuni, delle nostre regioni. Associare ad ognuno di essi il nome locale è quindi un'occasione per rivendicare la storia che c'è dietro ad ogni prodotto tipico. Perché la vera lingua dei nostri prodotti è quella del territorio."
Penso alla mozzarella di bufala, ai pistacchi di Bronte, ai capperi di Pantelleria o al pecorino romano: fare in modo che l'etichetta bilingue - oltre a quelle in inglese e tedesco, che sono scontate - sia presente su tutti i prodotti significa promuovere al meglio i nostri territori, valorizzando quel concetto di terroir che a volte abbiamo trascurato e che invece è imprescindibile dal nostro Made in Italy e, in generale, dalla nostra cultura".
Lancio quindi un appello - ha detto il Ministro - a tutti i produttori, grandi e piccoli, perché inseriscano in etichetta il nome nella lingua madre accanto a quello in italiano. In questo modo i consumatori, che già conoscono la filosofia del chilometro zero e che vogliono comprare la tipicità, potranno trovare ovunque - nei supermercati, nei mercati e sulle bancarelle - un pezzo di storia del loro territorio."
"Così il radicchio di Treviso sarà anche 'radicio roso de Treviso', la focaccia ligure diventerà 'fugassa' e gli gnocchi sardi 'malloreddus'. Quando poi questa iniziativa si tramuterà in legge, nel pieno rispetto del Parlamento, penseremo di rendere obbligatoria per tutti la doppia dicitura."
L'enorme varietà di prodotti del nostro paese è in parte frutto delle differenze esistenti tra le varie zone, differenze che una becera globalizzazione vorrebbe eliminare. La tutela del nostro patrimonio passa attraverso anche queste iniziative.
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